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Saverio CaraccioloPhoto © Saverio Caracciolo
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L'ULTIMO BRIGANTE
A 5 anni rimase orfano e la salita della vita divenne subito ripida. Ripida assai. «Ero piccolo, ma dovevo fare il lavoro dei grandi, dovevo fare quello che mi dicevano di fare. Portavo la legna sulle spalle per chilometri. Per sottrarsi alla cattura scappa sulle montagne della Sila greca. Siamo negli anni ’70. Per otto anni Ottavio fugge, mentre i carabinieri non smettono mai di cercarlo. Si nasconde nelle grotte che un tempo venivano usate dai briganti, resta invisibile di giorno e si sposta solo di notte protetto dalle tenebre, facendo razzia in orti e frutteti per procurarsi da mangiare. Poi, dopo quasi un decennio in fuga, la sua vicenda giudiziaria si risolve, non è dato sapere come e perché. Ciò che si sa è che arriva una “carta” da Roma, come la definisce lui. Qualcuno lo avvisa. Le forze dell’ordine non lo braccano più, potrebbe tornare a vivere come tutti gli altri, in una casa con la tv. Ma quella interminabile fuga tra boschi e pietraie l’ha cambiato per sempre. Da allora, continua a vivere sui monti, nei dintorni di Longobucco, il suo paese d’origine. Con lui c’è sempre la sua mandria di 40 vacche, con le quali condivide lo scorrere del tempo e il passaggio delle stagioni.
Ed eccolo Ottavio, l’ultimo brigante della Calabria, nel reportage integrale di Caracciolo:
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Si definisce l’ultimo brigante della Calabria, e come un brigante dell’800 vive tra le montagne, all’addiaccio, spostandosi da un rifugio all’altro. Segue il ritmo delle stagioni insieme alla sua mandria di mucche di razza podolica, di cui va orgoglioso. Ottavio Forciniti, ultimo di otto figli («per questo mi chiamarono Ottavio»), che di dispiaceri ne ha avuti tanti. Ma dietro i suoi occhi tristi non balenano lampi di rancore, solo l’accettazione ormai serena di un’esistenza forgiata nelle difficoltà.A 5 anni rimase orfano e la salita della vita divenne subito ripida. Ripida assai. «Ero piccolo, ma dovevo fare il lavoro dei grandi, dovevo fare quello che mi dicevano di fare. Portavo la legna sulle spalle per chilometri. Per sottrarsi alla cattura scappa sulle montagne della Sila greca. Siamo negli anni ’70. Per otto anni Ottavio fugge, mentre i carabinieri non smettono mai di cercarlo. Si nasconde nelle grotte che un tempo venivano usate dai briganti, resta invisibile di giorno e si sposta solo di notte protetto dalle tenebre, facendo razzia in orti e frutteti per procurarsi da mangiare. Poi, dopo quasi un decennio in fuga, la sua vicenda giudiziaria si risolve, non è dato sapere come e perché. Ciò che si sa è che arriva una “carta” da Roma, come la definisce lui. Qualcuno lo avvisa. Le forze dell’ordine non lo braccano più, potrebbe tornare a vivere come tutti gli altri, in una casa con la tv. Ma quella interminabile fuga tra boschi e pietraie l’ha cambiato per sempre. Da allora, continua a vivere sui monti, nei dintorni di Longobucco, il suo paese d’origine. Con lui c’è sempre la sua mandria di 40 vacche, con le quali condivide lo scorrere del tempo e il passaggio delle stagioni.
Ed eccolo Ottavio, l’ultimo brigante della Calabria, nel reportage integrale di Caracciolo:
about the photographer
Saverio Caracciolo è un fotovideoreporter dotato di grande abilità e spiccato senso dell'osservazione, due elementi derivatigli sia per virtù di scuola che per opera sua. Si appassiona alla fotografia all’età di 18 anni e dopo il diploma di maturità si trasferisce a Roma per perfezionare la sua passione iscrivendosi all’Istituto Europeo di Design e diplomandosi in fotografia nel 1996. Subito dopo inizia la sua carriera professionale come fotografo di matrimoni vincendo anche diversi concorsi del settore. La svolta arriva quando nel 2015, decide di chiudere la sua avviata attività di fotografo di matrimoni, per accettare di far parte del network LaC TV come fotografo e direttore della fotografia. Qui inizia a usare la sua macchina fotografica per realizzare vari documentari e tra i suoi lavori più noti: NERA LA NOTTE, un docufilm che fa vedere la cruda realtà dei migranti all’interno della tendopoli di San Ferdinando e per realizzare NERA LA NOTTE ha vissuto e dormito con loro all’interno di una loro tenda. Il documentario oltre a vincere vari Film Festival nazionali, ha contribuito a smuovere le coscienze istituzionali, ed oggi è stata costruita una nuova tendopoli di San Ferdinando, dando più dignità a questi nostri fratelli. Il documentario sulla Ciambra di Gioia Tauro, un quartiere dove vivono più di 500 persone di etnia Rom, e anche questo docufilm contribuisce a migliorare la loro vita. Il documentario oltre a vincere il Premio nazionale Raf Vallone come miglior cortometraggio, viene ripreso da alcune testate nazionali, come Il Fatto Quotidiano e Corriere della Sera. Attualmente in TV cura da solo la rubrica LaC Storie, dalle interviste, riprese e il montaggio, raccontando la bella Calabria in tutti i suoi aspetti. Saverio Caracciolo viene accostato al grande regista documentarista Vittorio De Seta, che tra gli anni 50 fino alla sua morte avvenuta nel 2011,back to gallery